Piante e batteri contro il metano
From SOFIA SMIDERLE
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PIANTE E BATTERI CONTRO IL METANO
Chiara: benvenuti nel podcast "PIANTAtela", e in questa puntata sentirete parlare me, Chiara, Paolo, Sofia, Simone, Giulia e oggi vi parleremo di come alcuni batteri, in simbiosi con le piante, possono aiutarci a ridurre le emissioni di gas serra, e in particolare di metano.
Ma partiamo dal principio; e con l’aiuto di Giulia e Simone, vediamo quali sono i principali effetti del cambiamento climatico
Giulia: è bene ricordare che i cambiamenti climatici globali hanno effetti non solo sull’ambiente ma anche sulla nostra economia e società. Per questo motivo è di fondamentale importanza comprenderne i meccanismi e trovare delle soluzioni per arginarli.
Simone: forse non tutti sanno che i cambiamenti climatici possono avere effetti sia nel breve che nel lungo termine. Gli eventi che osserviamo sempre più spesso, come le alluvioni, le mareggiate o le ondate di calore, fanno parte di quelli a breve termine. Mentre l’aumento della temperatura media globale, la desertificazione e l’innalzamento del livello dei mari, rientrano in quelli a lungo termine.
Ma qual è la causa di tutto questo?
Giulia: beh, non c’è una sola causa, ma possiamo dire che il contributo più importante è dato dai gas serra.
Simone: va beh ma non bullizziamoli! Hanno anche qualche lato positivo!
Giulia: certo! Grazie a loro è possibile la vita sulla Terra. Ma azioni umane come l’uso di combustibili fossili, la deforestazione e l’allevamento intensivo, hanno causato l’aumento esponenziale delle loro concentrazioni negli ultimi anni, generando gravi squilibri ambientali e portando così alla 6° estinzione di massa!
Simone: ma quindi moriremo tutti?!
Giulia: beh, di questo passo non lo escluderei!
Ma restiamo nel presente, l’azione principale dei gas serra è ben nota e in estrema sintesi è intrappolare il calore in uscita dalla Terra, riscaldando l’atmosfera. Quindi, più sono alte le loro concentrazioni e più veloce sarà questo riscaldamento.
Ma vediamo quali sono… Tutti conosciamo l’anidride carbonica, ma tra i più importanti rientrano anche l’insospettabile vapore acqueo, i clorofluorocarburi, l’ossido nitroso e il metano, protagonista di questa puntata.
Paolo: il metano, nonostante si trovi in atmosfera a concentrazioni molto minori rispetto alla CO2, ha un notevole effetto sul clima. Questo è possibile perché ha un potenziale di riscaldamento globale maggiore, ossia a parità di concentrazione, riesce a trattenere più calore. Fortunatamente per noi però ha una persistenza molto più breve, infatti una molecola di metano che arriva nell’atmosfera, dopo 5-10 anni si sarà già degradata e scomparsa; quindi, se abbattessimo le sue emissioni nei prossimi anni, potremmo osservare una significativa riduzione del suo effetto nel giro di pochi decenni.
Si stima che il 60% di questo metano atmosferico derivi da fonti antropiche, principalmente allevamento, agricoltura e uso di combustibili fossili; mentre rimane un 40% di origine naturale, proveniente da paludi e termitai. Tuttavia, non si parla spesso del fatto che anche gli stessi alberi emettono metano ed è quello su cui ci concentreremo in questo episodio. Sofia, tu lo sapevi?
Sofia: si, io sapevo che il metano, prodotto dai batteri metanogeni nel terreno, viene assorbito dalle radici e attraverso l’aerenchima raggiunge le parti superiori della pianta dalle quali viene poi rilasciato in atmosfera. Giusto?
Paolo: si è vero, però questo è noto già da un po’ di tempo, recentemente invece, è stato dimostrato che anche i tessuti vegetali possono produrre questo gas autonomamente. Anche se i processi metabolici implicati rimangono tuttora ignoti, è chiaro che dato che la superficie terrestre ospita più di 3 trilioni di piante, sia necessario aggiornare al più presto il ciclo globale del carbonio, in particolare per il metano.
Sofia: ma quindi, adesso, oltre a tutte le fonti di metano che già conosciamo, ci si devono mettere pure le piante? Pensavo che sarebbero state a loro a salvarci!
Paolo: ma lo faranno stai tranquilla! Semplicemente, nell’ottica di utilizzare la riforestazione per contrastare i cambiamenti climatici, sarebbe importante secondo me tenere in considerazione anche queste emissioni.
Un aspetto incoraggiante è che alcuni scienziati stanno già lavorando per trovare meccanismi in grado di ridurre questo contributo, ad esempio, proprio quest’anno è stato pubblicato un articolo su Nature Communications che approfondisce questo tema.
Jeffrey, L.C., Maher, D.T., Chiri, E. et al. Bark-dwelling methanotrophic bacteria decrease methane emissions from trees. Nat Commun 12, 2127 (2021).
Bark-dwelling methanotrophic bacteria decrease methane emissions from trees
Sofia: sono già noti dei batteri in grado di degradare il metano chiamati MOB, cioè batteri che ossidano il metano.
I MOB sono presenti in suoli e acque, dove consumano buona parte di questo gas prima che arrivi in atmosfera, anche più della metà secondo alcune ricerche.
Ma è possibile che questi si trovino anche in altri compartimenti ambientali e non solo in suoli e acque?
Chiara: si, proprio con questo studio sono stati individuati dei MOB che vivono all’interno delle cortecce di alcuni alberi, in particolare in questo studio è stata considerata la specie Melaleuca quinquenervia, una pianta infestante simile all’eucalipto distribuita in varie regioni del mondo.
Come prima cosa gli autori hanno verificato se in questa specie fossero presenti dei MOB. Poichè, si sa che questi batteri consumano preferibilmente il metano costituito dall’isotopo 12 del carbonio e lasciano nella corteccia il metano con l’isotopo carbonio 13, se questi batteri sono presenti il rapporto sarà a favore del carbonio 13.
Quindi hanno confrontato campioni di corteccia non trattata con campioni di corteccia sterilizzata ed hanno effettivamente osservato una significativa differenza in tale rapporto, confermando la presenza di MOB in Melaleuca.
Simone: gli autori hanno cercato di identificare in qualche modo quanti e soprattutto quali batteri si trovano nella corteccia di questa pianta?
Sofia: sì! Hanno eseguito analisi molecolari per determinare l’abbondanza e la composizione della comunità batterica nella corteccia.
In primo luogo è stata eseguita una PCR quantitativa, un’analisi che permette di stabilire quanto DNA di un certo tipo è presente in un campione, e in questo modo hanno rilevato l’abbondanza di questi batteri.
Invece, per analizzare la composizione hanno sfruttato una sequenza di DNA specifica, tipica dei MOB, definendo esattamente le specie presenti nella comunità batterica della corteccia.
Simone: ottimo! ma parlateci un po’ dei risultati
Chiara: beh, intanto hanno osservato che ci sono circa 2 miliardi di batteri all’interno delle cortecce di Melaleuca e che circa il 30% è rappresentato da MOB, aspetto interessante dato che in altre specie, come nel pioppo, si è visto che la percentuale è molto più bassa (anche minore dello 0,1 %).
Hanno dimostrato anche che Melaleuca possiede una comunità batterica unica rispetto ad altri alberi e che la maggior parte dei MOB appartiene ad un solo genere, in particolare, quello di Methylomonas.
Simone: Methylomonas??? sembra il nome di una brutta malattia...
Chiara: ma no! E' un genere di batteri ormai abbastanza conosciuto in grado di resistere anche a pH molto bassi, come quelli trovati nella corteccia. E’ interessante come altri membri di questo genere, Methylomonas, siano già stati trovati in associazione con degli altri vegetali, in particolare con dei muschi, dove riducono le emissioni di metano delle zone umide circostanti.
Simone: quindi, ho capito che grazie al rapporto degli isotopi si è riusciti a stabilire che i MOB riducono le emissioni di metano da parte delle piante, ma… di quanto lo riducono realmente?
Paolo: proprio per rispondere a questa domanda, gli autori hanno eseguito degli esperimenti in campo provando a spegnere temporaneamente l’attività dei MOB e poi ripristinarla.
Per ingannare i batteri è stata usata una particolare molecola, chiamata DFM, che viene usata come substrato al posto del metano, evitando che i MOB si cibino di quest’ultimo; un po’ come riempire la bocca di un bambino con foglie di lattuga per evitare che ci entrino le caramelle.
Quindi, inizialmente hanno misurato quanto metano era stato prodotto dalla pianta in condizioni naturali e infine hanno ripetuto questa misura dopo un’ora di inibizione.
Sofia: Simone non ha ancora ricevuto la sua risposta, quanto metano effettivamente consumano i MOB?
Chiara: diciamo che i risultati ottenuti sono molto variabili, forse perché l’esperimento è stato fatto direttamente in natura e non in laboratorio o perchè magari alcuni alberi emettono meno metano rispetto ad altri, sarà un po’ di ansia da prestazione? Chi lo sà. Comunque in media i MOB riducono circa del 36% le emissioni di metano da parte delle piante.
Un altro risultato interessante è che gli autori hanno osservato una proporzionalità diretta tra l’abbondanza di MOB e la riduzione delle emissioni. Quindi, più MOB ci saranno e maggiore sarà la riduzione del metano emesso dalla pianta.
Paolo: beh questi risultati sono stupefacenti! Sono sicuro questo studio sarà la base per molte altre ricerche nei prossimi anni.
Sofia: ovvio. Per prima cosa sarebbe necessario avviare nuovi studi per rivedere il ciclo globale del metano.
In questo senso, si potrebbero fare dei lavori più approfonditi su specie di alberi differenti e magari maggiormente distribuite o coltivate. Inoltre, si dovrebbe investigare l’ecofisiologia di questi batteri in modo da determinarne la distribuzione sia a livello degli organismi vegetali che a livello globale.
Simone: sarebbe interessante riuscire a inserire questi batteri all’interno delle piante coltivate. Forse però è ancora troppo presto per parlare di questo… Sicuramente prima bisognerà comprendere bene le dinamiche che legano questi batteri alle piante. Tra qualche anno lo vedremo.
Chiara: bene! E con questo siamo giunti al termine dell’episodio. Quindi, ricapitolando, oggi abbiamo visto che:
tra i gas serra più conosciuti non c’è solo l’anidride carbonica ma anche il metano;
che nonostante le attività umane siano la fonte principale di emissione di questo gas, anche le piante danno il loro contributo, producendo e rilasciando metano in atmosfera;
fortunatamente però esistono dei batteri, chiamati MOB che si nutrono del metano prodotto dalle piante e lo riescono a ridurre in media del 36% (almeno nella specie Melaleuca quinquenervia)
e infine, che questa scoperta pone le basi per nuove ricerche in questo ambito che potrebbero portare all’utilizzo di questi batteri per ridurre le emissioni di metano delle piante coltivate.
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